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Leonard Cohen
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Ritratto di Leonard Cohen, lo "sciamano" del rock.
"Le mie canzoni sono come le Volvo: durano trent'anni". Parole poco profetiche per uno che le profezie le butta giu' come il Nostradamus della contemporaneita' ("Non posso piu' farmi sopraffare da quella folla priva di leggi/ Mentre gli assassini nelle alte sfere/ Recitano forte le proprie preghiere/ Ma hanno evocato una tempesta di nuvole/ Riceveranno presto mie notizie", Anthem 1992). La verita' e' che le canzoni di Leonard Cohen resistono dal 1968 (Songs Of Leonard Cohen ) e hanno tutta l'aria di voler durare per sempre, come le sonate di Mozart e le sinfonie di Beethoven. Nessun paragone, sarebbe impossibile e impietoso. Ma ogni epoca ha la sua musica e i suoi modi di rappresentarsi e Leonard Cohen e', seppur a modo suo, un rappresentante della nostra epoca, della quale ha cantato e scritto (The Favourite Game , 1963, Beautiful Losers , 1967) le gioie e i dolori, gli amori e le paure. Con una poesia sublime e malinconica, speranzosa e decadente, e con una capacita' visionaria che solo i predestinati riescono ad avere, Cohen è diventato il vecchio saggio di una societa' in disfacimento ("Ho visto il futuro: e' un massacro", The Future , 1992), lo sciamano che anticipa gli eventi guardando le linee disegnate dalla sabbia mossa dal vento. Tranquillo, elegante, pieno di charme, l'ex poeta ribelle della generazione di Woodstock ha da poco compiuto 67 anni, che porta con la deferenza di chi sa che il tempo è un'astrazione pericolosa e, come tale, va rispettato.

Negli ultimi cinque, di questi anni, l'ebreo errante si è rinchiuso nel monastero zen di Mount Baldy, a due ore di macchina da Los Angeles, per accudire il suo maestro Yoshu Sasaki, detto Roshi, prossimo ai 90. E' diventato un monaco buddhista, ordinato con il nome di Jikan, ossia "il silenzioso". ("Ma non mi sento un monaco - ha raccontato durante la sua recente visita in Italia - Sono nato ebreo, e sono stato sempre legato alle religioni, che sono una cosa importantissima nella mia vita; mi sembra che la religione sia una specie di tecnica per rendere l'universo un posto ospitale"). La dura vita del monastero e' servita per ritrovare se stesso, come dicono tutti quelli che finiscono dall'analista, oltre che la serenita' che la grande Babilonia gli aveva tolto. Cohen è stato l'uomo con il quale molti hanno contratto un debito che non riusciranno mai ad onorare, quello stesso che lui dice di aver contratto con Federico Garcia Lorca: "Un giorno sono inciampato in Gerusalemme Del Nord e l'ho letto. E ho capito che la mia esistenza sarebbe stata uno sforzo continuo per scrivere, un giorno, almeno una volta nella vita, pagine come quelle. Incontrare Garcia Lorca e' stato come trovare per strada un lingotto d'oro. Una fortuna inestimabile, fatta di gioia, poesia e felicita'". Dai R.E.M. a Nick Cave, da Sting a Billy Joel, Tori Amos e Jeff Buckley, fino ai nostrani De Gregori e De Andre', che ha tradotto Suzanne , Nancy e Joan Of Arc , ("mi dispiace di non averlo conosciuto"), in molti lo hanno imitato, cantato e gli hanno reso pubblico tributo. E' difficile inquadrare Cohen in un solo fotogramma. Poeta (innumerevoli raccolte), scrittore (due romanzi), cantautore (13 album), questo vecchio gentiluomo possiede la stessa dote di Picasso, quella di saper disegnare l'intera figura con due tratti di matita.

Indefesso ambasciatore del minimalismo musicale, i cui vuoti sono riempiti da una voce profonda che viene da lontano, Leonard Cohen ha indossato un'altra volta "pelli nuove per vecchie cerimonie". Dopo aver raccontato la fine del Millennio tormentata dai bagliori dell'Apocalisse in The Future ("Ci sarà la rottura del vecchio codice occidentale/ ridatemi il Muro di Berlino, Stalin e San Paolo, Cristo e Hiroshima"), il poeta delle tenebre e' tornato con un album che nessuno si aspettava più: Ten New Songs , dieci nuove canzoni scritte sul monte, dal quale e' sceso senza aspettare la piena, e poi musicate insieme a Sharon Robinson, che ne ha saputo interpretarne lo spirito rivestendole di un tessuto musicale leggero, ma al tempo stesso caldo come il pile. "Ho composto canzoni che parlano di Dio - ha detto Cohen - di amore-odio, di gelosia, dell'impossibilita' di sfuggire a se stessi e al proprio destino". Con l'amore, non solo quello per una donna, al centro dello schermo. Sempre ricco di quella virtu' che fa di un uomo un grande uomo, ovvero la modestia ("Secondo me, chiunque abbia il dono di scrivere una musica che arriva al cuore di migliaia di individui merita gli applausi"), Cohen e' tornato perche' sa che il mondo ha bisogno di lui. Il suo futuro si e' materializzato all'improvviso, e oggi piu' che mai, tutti abbiamo bisogno delle parole di chi riesce a vedere la luce prima degli altri. E di sentirci raccontare le storie antiche che abitano nelle tante rughe del suo malinconico viso.
Maurizio Iorio


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