Edizioni Suvini Zerboni - Notiziario quadrimestrale
Negli infiniti universi della musica
Un lavoro di grande impegno, De li duo soli et infiniti universi per due pianoforti e tre gruppi orchestrali, sarà eseguito per la prima volta in pubblico il 28 marzo alla Cité de la Musique di Parigi. Con i pianisti Alain Planès e Cédric Tiberghien si produrranno l'Ensemble InterContemporain e l'Orchestre de Paris, sotto la direzione di Christoph Eschenbach. Così Ivan Fedele scrive della sua nuova composizione: "L'opera di Giordano Bruno De l'infinito universo e mondi non solo ha ispirato il titolo della mia composizione che volutamente vuol suonare "apocrifo", ma ne suggerisce anche la chiave di lettura dal punto di vista formale ed estetico. "Il centro è il punto dal quale io guardo (&ascolto&) dovunque io mi trovi". Questa affermazione del filosofo nolano possiamo anche considerarla come la chiave di volta delle questioni inerenti all'ascolto di un'opera musicale spazializzata. "Materia e forma sono due aspetti della medesima sostanza". Quest'ultima asserzione potrebbe ben rappresentare il cuore delle problematiche dell'estetica. Credo proprio che queste relazioni, certo surrettizie ma non improprie, non sarebbero per niente dispiaciute a Giordano Bruno, il quale cercò sempre di collegare le differenti attività del pensiero umano e le sue discipline in un unico "corpus" organico e internamente correlato. In De li duo soli et infiniti universi, opera scritta per il bicentenario della nascita di Hector Berlioz, i due pianoforti solisti (i due "soli", ovvero "soleils" e "solos") sono gli astri che illuminano ciascuno un universo (le due parti simmetriche in cui l'orchestra è stata divisa). Questi universi sono poi "infiniti" (anche se sarebbe più appropriato definirli "molteplici") perché svariate sono le metamorfosi che essi subiscono sotto l'influenza della materia-luce che in essi proiettano-irradiano i "solos-soleils". Gli strumenti del terzo gruppo orchestrale, posto al centro della scena, svolgono la funzione di satellite ora dell'uno ora dell'altro, ora di entrambi i pianoforti. Ciò è evidente nel Preludio che apre la composizione. Zenit ("Sommets inconnus") e Nadir ("Abysses apparents") sono le due grandi parti in cui si articola l'opera. La loro forma è una libera parafrasi musicale del loro significato astronomico. In Zenit, l'iterazione di una breve cellula intervallare (prima di nona minore, poi di settima maggiore) descrive nel tempo e nello spazio tracce di luce che muovono dal registro più acuto dei pianoforti fino a raggiungere lentamente ma inesorabilmente le regioni medio gravi. Nell'interludio, senza i pianoforti, i due universi cercano di sincronizzarsi in un unico ritmo, in un'unica fase, senza però mai riuscirci. Solo quando i "solos-soleils" si riaccendono ricompare un'armonia "orbitale" più percettibile. Sto parlando di Nadir, il cui significato astronomico è l'opposto di Zenit. In questo caso, le figure principali (il cui Dna è costituito da intervalli di seconda maggiore e seconda minore) si addensano in grappoli di note nell'estremo registro grave. Il percorso, qui, tende a svilupparsi gradualmente verso le regioni acute in cui, finalmente, solisti e gruppi

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Come una sinfonia degli addii
A Bologna, nel corso della stagione sinfonica del Teatro Comunale, nei giorni 11 e 12 maggio Daniele Gatti dirigerà l'Orchestra del Comunale nella prima assoluta di Memoriam. È Alessandro Solbiati a introdurre il suo nuovo pezzo: "Commissionato dal Teatro Comunale di Bologna per la Stagione Sinfonica 2001-2002, Memoriam, per richiesta stessa del committente, doveva in qualche modo riferirsi all'Arte della Fuga bachiana. Personalmente non ho nessuna simpatia per un atteggiamento molto di moda qual è quello della citazione, e quindi fin dall'inizio del progetto ho cercato un legame molto più profondo e ricco con l'opera di riferimento. Innanzitutto si tratta di un doppio omaggio, a Bach e al suo lavoro incompiuto e a Franco Donatoni, che non ha potuto portare a compimento il suo stesso progetto attorno all'Arte della Fuga: a questo doppio "non finito" si deve il titolo del mio pezzo, che è così divenuto una specie di profondamente sentito Requiem. Dirò solo le linee fondamentali di un lavoro che avverto essere uno dei miei per me più importanti: mi sono riferito all'ultimo Contrappunto, la Tripla Fuga incompiuta il cui terzo soggetto è costituito dal nome BACH, e ne ho interamente "seguito" la struttura, battuta per battuta, ma trasformando del tutto gli elementi, e costruendo i miei tre soggetti, che in qualche modo contengono quelli di Bach. Ne deriva un contrappunto di linee, ma anche di gesti e di figure, che ritornano come ritornano i soggetti, che si inseguono come si inseguono gli elementi di una progressione. Giunto poi alla emozionante battuta 239, quella in cui Bach si interrompe dopo aver sommato i tre soggetti, ho aggiunto 23 battute in cui si invoca a frammenti una linea che somma in vari modi le note BACH a quelle FD (fa e re, iniziali di Franco Donatoni, che guarda caso completano il re minore d'impianto bachiano), disperdendo via via gli strumenti fino ad un finale breve solo di violoncello, in una mia personale Sinfonia degli Addii". A Milano in prima assoluta, il 3 marzo nella Basilica di San Marco, e il 10 a Lugano per il

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Importanti novità a Parigi e a Torino; numerose riprese fra Europa e Stati Uniti




In omaggio alla memoria di Bach e di Donatoni un nuovo pezzo in prima a Bologna; altre novità e riprese in diversi paesi