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L'Intervista

Enrico Ruggeri parla del nuovo album, La Vie En Rouge
Enrico Ruggeri possiede una gran calma che e' poi, come si sa, la virtu' dei forti. "Non diventero' miliardario, ma non moriro' neanche di fame", dice, sottolineando il fatto che a quarantacinque anni puo' permettersi di suonare la sua musica senza dover sottostare alle pressioni commerciali delle case discografiche, e che ogni teatro che visita durante i suoi tour fa registrare il tutto esaurito. Del resto, lui e' l'autore di canzoni come Il Portiere Di Notte , Il Mare D'Inverno , Peter Pan , che brillano di luce propria nel grande firmamento della musica italiana. La Vie En Rouge e' il suo nuovo album, una via in rosso che attraversa oltre vent'anni di carriera e che arriva al 2001 a tirare la classica linea che si mette in fondo ai conti, quando bisogna tirare le somme. Gli addendi sono le varie tappe del suo ultimo tour, durante il quale le sue canzoni hanno subito un restyling, la classica nuova mano di vernice. "La molla che mi ha convinto a pubblicare un album dal vivo - racconta - e' il fatto che l'ultimo l'ho fatto quattordici anni fa. Gli album live non si fanno per strategie di marketing, ma quando si creano le condizioni adatte. Quindi, siccome il tour che abbiamo fatto quest'inverno e che abbiamo poi proseguito quest'estate era cosi' particolare, soprattutto per gli strumenti usati, contrabbasso, mandolino, tromba, fisarmonica, batteria con le spazzole, niente sequenzer e computer, allora abbiamo pensato che fosse arrivato il momento per un buon live. Ormai la maggior parte dei concerti sono quasi un playback, il settanta per cento e' su dischetto, invece questo e' un concerto tutto suonato. Da li' la necessita' di scarnificare le canzoni, di rileggerle, perche' ce ne sono alcune che suono da 15 anni; durante questo tempo si e' aggiunto qualcosa nell'arrangiamento, ragion per cui sono diventate ridondanti, e allora siamo ripartiti da capo. Sono arrivato in sala prove e ho detto: "questa e' la canzone, lavoriamoci sopra come se fosse stata scritta ieri". Il tour e' andato bene e questo ha fatto si' che l'album, inizialmente singolo, sia poi diventato doppio. In questo periodo ho scritto anche un paio di brani nuovi, che sono stati inseriti nella tracklist.
Mi e' sembrato di cogliere, nella musica italiana recente, segnali di una riscoperta del testo, di una maggiore attenzione alle parole, anche se con molta difficolta'. Quanto lavori sul testo e sulla sua musicalita'?
Le mie canzoni nascono in un'ora e mezza, due. Pero' ho un approccio abbastanza preciso, che e' quello di scardinare le regole della rima e di dare una musicalita' alle parole cercando di sfuggire alla logica della simmetria. E poi trovare delle parole che non siano "cuore e amore", ma musicali e impreviste.
Il portiere di notte, che giudico una delle tue canzoni piu' belle, se non la piu' bella in assoluto, e' cinematica, evoca delle immagini. Quando tu scrivi delle canzoni, hai in mente un'immagine cinematografica?
Assolutamente si'. Quando scrivi delle cose importanti, la cosa migliore da fare e' scattare delle fotografie, per evitare di dare dei giudizi, di prendere delle posizioni, che non e' il compito di chi scrive canzoni, almeno secondo me. Per cui ricorro spesso alle immagini, cerco di visualizzarle, e Il portiere di notte e' sicuramente uno degli esempi piu' evidenti.
Hai mai scritto colonne sonore?
Ne ho scritta una per un film che non e' mai uscito, si chiamava Giorni Randagi , con Sergio Rubini, nell' 86. Usci' il singolo, l'album con la colonna sonora, ma non il film. Inevitabilmente e' stata usata in Caro Diario di Nanni Moretti, e Quello Che Le Donne Non Dicono in svariate pellicole, ma e' un'altra cosa.
Parliamo dell'America, e non in termini circostanza...
Io ho molta paura dell'America, anche se adesso molte perplessita' sono annacquate. Perche' fino a quando l'egemonia e' economica, non mi interessa piu' di tanto, ma quella culturale che ha imposto al mondo e' strana. Noi guardiamo i loro telefilm, parliamo come loro, li imitiamo, compriamo i dischi che loro decidono, ci adeguiamo alle loro politiche economiche. Io amo l'America di Tom Waits e Bob Dylan, ma sono assolutamente anglofilo, sono nato con il rock di David Bowie, i Roxy Music, il rock decadente. Per cui la mia top degli americani e' Lou Reed.
Quanto vivi il mito dell'adolescenza?
Parecchio. Lo vedo dai dischi che ascolto, sono sempre quelli, gli stessi trecento, dai Beatles ai primissimi anni '80. Dopodiche', dall'80 al 2000, ne avro' comprati 20. Una delle piu' grandi soddisfazioni della mia vita l'ho avuta la settimana scorsa, quando mio figlio mi ha detto: "Tieniti libero il 3 novembre che dobbiamo andare a sentire Ozzy (Osborne, ndr)..."
Maurizio Iorio


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